Non so proprio quanti di voi siano appassionati di moto ma visto che il periodo giusto per farsi un giro a 2 ruote ho trovato in rete un'interessante argomento su queste 2 moto con motore bicilindrico a V 90°: Ducati Monster S2R e Suzuki SV 650.
Le naked di cilindrata media sono il segmento perfetto per entrare nel mondo delle moto vere, ed il loro successo lo si deve sicuramente anche a questo fattore. Si tratta di modelli che offrono sufficiente potenza e prestazioni, hanno un comportamento divertente e, cosa non trascurabile, un'estetica piacevole, per farsi valere anche nelle uscite al barÉ Possono quindi essere un primo, valido scalino, ma anche tramutarsi in una tappa permanente. E il fatto è confermato dal costante rinnovamento a cui tutte le medie sono sottoposte: per esempio, la Ducati Monster S2R e la Suzuki SV 650 della nostra comparativa sono modelli 2005, l'una perché ha trapiantato il motore della 800 in una veste estetica derivata dalla sorella maggiore S4R, l'altra perché si fregia del telaio colorato di nero e di un nuovo e moderno cupolino. Pur differenti in moltissimi aspetti, dalla cilindrata alla tradizione, le due nude sono accomunate dal layout del motore, per entrambe un bicilindrico a V 90° montato longitudinalmente, e dalla potenza di poco superiore agli 80 CV. Anche se offrono prestazioni che non fanno certo gridare al miracolo, sia la Monster che l'SV conquistano per la facilità con la quale si entra in confidenza con esse, per le dimensioni ed il peso tutto sommato ridotto rispetto alle "super naked" di ultima generazione. Strizzano quindi l'occhiolino anche all'utenza femminile, ma in generale a tutti coloro che vogliono divertirsi senza impegno, sia fisico che - fattore da non sottovalutare - economico.
La Monster, anche in questa versione rinnovata, mantiene intatta l'architettura delle sue sorelle, che da più di un decennio fanno parte del patrimonio motociclistico mondiale. Telaio a traliccio in acciaio, con sospensione posteriore progressiva e forcella a steli rovesciati di generosa sezione. La novità più evidente risiede proprio nel forcellone, ora un monobraccio in tubi d'acciaio dal disegno complesso quanto accattivante, che lascia lo spazio sul lato destro per il doppio scarico sovrapposto. Questa soluzione, a sua volta, risolve un limite cronico del modello, quello della scarsa luce a terra in piega: ora non si deve più temere di "fare scintille", e si possono sfruttare le eccezionali doti di stabilità del telaio bolognese. La SV propone invece un telaio estruso di alluminio, piuttosto appariscente, che cerca di coniugare la scuola italiana del traliccio con quella giapponese del materiale leggero. La forcella è tradizionale, di diametro non eccessivo, e lo scarico singolo è qualcosa di abbastanza inusuale su una bicilindrica, oltre a non regalare un "sound" propriamente esaltante. L'estetica dell'italiana non si discute: le modifiche non ne hanno cambiato il carattere generale, fatto di forme morbide ma aggressive allo stesso tempo. La Suzuki SV 650 è, dal canto suo, una moto che mette a proprio agio sin dal principio, anche dal punto di vista estetico. Poco appariscente ma elegante, ha guadagnato molto, a nostro parere, dalla verniciatura nera del telaio e dei cerchi, che alleggerisce la vista laterale non di poco. La posizione eretta del busto, comoda e rilassata, la taratura delle sospensioni piuttosto confortevole, le dimensioni compatte e il motore morbido come il burro, la rendono amichevole e facile per tutti. Anche i comandi sono molto dolci, in particolare quello del cambio, da riferimento.
I motori: quello da 803 cc della Monster mantiene - collocandosi a metà tra le più diffuse 620 e 1000 di famiglia - il tipico carattere delle Ducati a due valvole raffreddate ad aria. La distribuzione desmodromica a due valvole azionata da cinghia dentata è sempre lei, ed ora c'è l'iniezione a garantire minori consumi ed una regolarità di funzionamento adeguata agli anni duemila. Certo, non è tanto vivo agli alti regimi come la Suzuki, che con la sua cilindrata più piccola e la migliore "respirazione" garantita dalle quattro valvole, gira più in alto con maggiore facilità. La potenza non è eccezionale, ma è erogata a regimi più bassi, con una coppia più elevata. Nonostante disponga di un motore V2, il temperamento del "seiemmezzo" Suzuki è molto diverso da quello dell'italiana. Potenza simile, certo, e alimentazione ad iniezione anche in questo caso, ma la cilindrata è minore, e si notano minori vibrazioni e inerzia nel salire di giri. La risposta in basso è molto pronta, e se si deve muovere un appunto è quello di una certa "freddezza": scorre così dolcemente su tutto l'arco dei giri, che quasi manca di carattere. Le sospensioni sono un po' morbidine per l'uso sportivo, soprattutto la forcella, che trasmette una certa sensazione di leggerezza.
La bolognese si mantiene in perfetta linea con la tradizione, così come familiare è la posizione di guida. Il manubrio è molto largo, e abbastanza distante dalla sella, e questo obbliga ad una posizione di guida che, se certo non facilita la guida in città e a bassa velocità, dall'altra impone un maggior carico sull'avantreno e consente di muoversi in maniera più consona alla guida impegnata. L'avantreno è granitico, infonde una fiducia quasi assoluta e ben riposta. Tra le mura cittadine, però la situazione non è altrettanto rosea: pur essendo comunque una moto abbastanza bassa di sella e di dimensioni non imbarazzanti, bisogna tener presente il raggio di sterzata molto ampio ed una certa bruschezza del motore a bassissimo regime. Dai modelli originali a quest'ultima versione ha certo guadagnato molto in comfort e dolcezza dei comandi, ma la S2R continua ad essere una Ducati, e come tale presenta sospensioni più rigide della media e freni di quelli "tosti", con doppio disco anteriore da 320 mm e pinze a quattro pistoncini. In cambio, le finiture non sono ancora da giapponese: basta dare un'occhiata al quadro strumenti, per rendersene conto, completo ma un po' povero esteticamente. L'SV fa invece sfoggio di una bella strumentazione mista analogico-digitale, abbracciata da un nuovo cupolino con funzione più estetica che pratica.
La Suzukina ha il proprio punto di forza nella maneggevolezza, proprio come la Ducati lo ha nella stabilità: differenti filosofie, con il risultato comune di un bel piacere di guida. L'SV è stretta, minuta, bassa di sella, con le masse concentrate al centro. È rapida tra le S come nessun'altra, e si lascia condurre senza alcuno sforzo apparente. Il prezzo da pagare per tanta maneggevolezza è nella minore rigorosità nel seguire la traiettoria quando il ritmo sale: le sospensioni sono poco frenate nell'idraulica e qualche ondeggiamento di troppo ricorda che non si è alla guida di una moto veramente sportiva. Cosa che invece è più evidente per l'S2R: sarà la posizione di guida più radicale, con le pedane alte ed arretrate, sarà il rumore coinvolgente del motore più famoso del mondo, ma quando la strada curva, ci si sente pronti ad attaccare, a godersi la bella guida, a forzare il ritmo. I freni sono da riferimento per la categoria, ma anche la SV non si comporta male con il suo doppio disco anteriore, necessitando solo di un maggiore sforzo alla leva per prodursi in staccate aggressive. È la forcella, che però lascia un po' a desiderare, per la giapponese: l'affondamento è elevato e si perde in certa misura sensibilità sulla ruota anteriore. In buona sostanza le protagoniste della nostra prova sono due moto che, a dispetto della simile destinazione d'uso (da evitare come la peste l'autostrada, per la protezione aerodinamica veramente scarsa in entrambi i casi), si rivolgono ad un pubblico in parte diverso. La Monster, forte del peso della tradizione e di un marchio che in quanto a fascino non è secondo a nessuno, piacerà molto ai più attenti all'immagine, a maggior ragione nella nuova versione aggiornata. Inoltre, è evidente, conquista per l'attitudine sportiva e la rigorosità alle alte velocità della sua ciclistica. La Suzuki, dal canto suo, fa innamorare per la confidenza che infonda sin dai primi metri, per la facilità con la quale ci si trova a giocare tra le curve, assecondati alla perfezione da un motore che è un gioiello di dolcezza e prontezza. La linea non è entusiasmante, però è questione di gusti, ma il prezzo non lascerà certo indifferenti: 7.100 Euro chiavi in mano, contro i 9.000 tondi tondi della Ducati. Non sono pochi soldi, ma le ragioni del cuore spesso tendono a prevalere: a voi la scelta.